«I divorziati risposati non sono scomunicati e nella Chiesa non vanno mai trattati come tali». Papa Francesco sa benissimo che questa sua frase – come tante altre pronunciate in quasi tutti i suoi interventi pubblici – è destinata a rinfocolare lo scontro all’interno delle gerarchie ecclesiastiche tra favorevoli e contrari all’ammissione ai sacramenti di quei cristiani che, dopo aver divorziato, danno vita ad una nuova unione coniugale. Parole cadute – ieri mattina – come macigni di fuoco su una piazza San Pietro già flagellata da soffocanti raggi di sole agostano. Prima udienza pubblica del mercoledì dopo la pausa di luglio e prima apertura di quella che può essere considerata la campagna d’autunno in vista dell’atteso Sinodo sulla famiglia di ottobre. E l’effetto non è stato da poco perché Bergoglio – pur senza dire cose apparentemente nuove – ha toccato i tasti più spinosi su cui si confronteranno i padri sinodali. Già altre volte, il papa argentino ha parlato apertamente di volere una Chiesa «aperta e accogliente, specialmente per chi soffre e vive nel disagio», proprio come «un ospedale da campo pronto a curare malati, feriti e bisognosi». Metafora – quella della Chiesa-ospedale da campo – con cui il papa in più occasioni ha fatto intendere che nel popolo cristiano chi ha bisogno di “cure” sono prima di tutto i membri di famiglie spezzate, divorziati costretti a stare lontani dai sacramenti se conviventi con nuovi partner, ma anche figli di divorziati chiamati a sopportare pesi ingiusti e a volte persino umilianti. Situazioni che il gesuita Jorge Mario Bergoglio asceso al soglio di Pietro conosce benissimo essendo stato sempre vicino proprio a quelle famiglie spezzate che vivono nelle favelas argentine.